Una delle novità recentemente emerse nel contesto della decorazione della Villa Farnesina è rappresentata dai motivi a grottesca che fanno da cornice ad alcune scene dipinte. Il termine “grottesche” si deve alla casuale scoperta della celebre Domus Aurea. Infatti, intorno all’ultimo quarto del XV secolo, un giovane romano cadde in una fessura del Colle Oppio ritrovandosi in una grotta ricoperta da figure dipinte: erano le stanze dello sfarzoso palazzo di Nerone, eretto a Roma tra il Celio e l’Esquilino tra il 64 e il 68 d.C. Ben presto i giovani artisti nel Rinascimento vollero discendere negli ambienti per poter vedere le pitture dal vivo; tra questi Pinturicchio, Michelangelo e Raffaello. Così, e soprattutto dopo le celebri Logge che Raffaello dipinse in Vaticano tra il 1517 e il 1519, la decorazione a grottesca divenne rapidamente una vera moda artistica. Durante il Cinquecento questa
imitatio antiquitatis fu oggetto di critica da parte del Vasari che definì le pitture «licenziose e ridicole molto». Le grottesche negano lo spazio, presentano esseri ibridi e mostruosi, figurine esili ed estrose che si fondono in decorazioni geometriche e naturalistiche su di uno sfondo bianco o comunque monocromo. Le figure sono molto colorate e danno origine a effetti geometrici e intrecci senza spazio. Vitruvio, il teorico dell’architettura dell’età augustea, espresse nel VII libro del suo trattato De Architectura una forte condanna di questi ornati, reputati “assurdi e sconclusionati”, censurando così una moda propria anche delle meravigliose decorazioni pompeiane del III stile e che avrebbe poi trovato il suo culmine nella Domus Aurea di Nerone a metà del I secolo d.C. Gli insegnamenti di Vitruvio furono tenuti in grande considerazione sia dall’architetto Baldassarre Peruzzi sia dal suo committente Agostino Chigi, è dunque probabile che per questa ragione alla Farnesina fu dato poco spazio alle grottesche. Infatti, solo alcuni sobri ed eleganti motivi a “candelabra” inquadrano il Trionfo di Galatea e scandiscono lo spazio tra i dipinti della stessa Loggia. Grottesche molto più articolate e fantasiose sono quelle (forse opera di Polidoro Caldara da Caravaggio) che ornano, con ori, colori vivaci, cammei e bucrani, il soffitto della Stanza di Alessandro e Roxane affrescata dal Sodoma. Altre grottesche si trovano però in questa piccola Galleria. Questo grazioso corridoio, che collegava la Sala delle Prospettive con le stanze di Francesca Ordeaschi e dei suoi figli, è infatti ricoperto da una volta a botte in legno che, simulando una copertura in muratura affrescata, è decorata con delicate grottesche a sfondo bianco. Molto simili a quelle che Raffaello aveva riprodotto nel 1516 nella Loggetta del Cardinale Bibbiena del Palazzo Apostolico, esse risalgono al periodo 1517-1518 e dunque ad un momento di poco successivo alla conclusione dei dipinti della Sala delle Prospettive. Tracce di cassettonati nei pressi dell’ascensore sono riferibili al periodo in cui una parte della galleria, suddivisa in tre settori distinti, fu destinata a cappella secondo quanto documentato da una pianta del 1560. La maggior parte delle decorazioni risalgono al restauro degli anni 1861-1863 quando le decorazioni “a grottesche” ebbero un momento di rinnovata diffusione memore delle scoperte di Ercolano e Pompei. Le lunette sopra la finestra e sopra la porta che immette nella Sala delle Prospettive risalgono ad interventi degli anni ’30 del Novecento. Dopo un primo cantiere didattico condotto dagli allievi della Scuola di Alta Formazione – ISCR – i lavori di restauro sono stati curati da restauratori formati alla scuola dell’ISCR (Consorzio Recro) e realizzati grazie a un finanziamento della Isabel und Balz Baechi Stiftung di Zurigo per la protezione delle pitture murali.